domenica 3 novembre 2019

E SE FOSSE DOMANI di Daniele Sbaraglia


1    1) "E se fosse domani?": puoi spiegarci il perché di questo titolo? Come ti è
venuto in mente e perché l'hai scelto?
Perché credo che il domani ci può portare sempre qualcosa di migliore e che dovremmo  guardare continuamente avanti. La vita passata ormai è trascorsa e non possiamo cambiarla e quindi non dobbiamo rimanere legati a ciò che è stato, magari ad un evento spiacevole o pensare che  se siamo stati sfortunati in alcune occasioni dobbiamo necessariamente convincerci che lo saremo sempre.
Viceversa, se siamo coscienti di essere fortunati e di essere dei campioni, dobbiamo continuare ad allenarci per rimanere tali…

2) Com'è nata l'idea di questo romanzo?
 Dal mio precedente romanzo dal titolo “ Bello e Maledetto” dove il protagonista era un vincente, allora mi sono voluto mettere alla prova nello scrivere di un uomo completamente opposto. A me piace la ricerca e sperimentare cose nuove, da qui l’idea di questo personaggio. Nel protagonista di questa storia, molti lettori hanno riscontrato affinità con loro stessi, forse perché i lineamenti caratteriali lo facevano sembrare più una persona vera con tutte le difficoltà e fragilità che abbiamo tutti, al contrario del protagonista sfacciato  del precedente romanzo.
 
3) Puoi tratteggiarci la storia narrata?
 “E se fosse domani?” potrebbe essere intesa come una storia semplice, quella di un uomo che trascorre la sua vita lasciando scorrere il tempo senza importanza, quasi una vita piatta, senza particolari slanci, una vita che, scorre come un fiume calmo, le cui acque sono quasi stagnanti, e non presentano quella vivacità che dovrebbe essere insita in ogni ambiente.
La storia di Manuel ricalca quella di molti altri uomini e donne che insoddisfatti della loro esistenza  fuggono dalla realtà e vivono sognandone una diversa.
Eppure in questa storia c’è molto altro…
Lo stallo in cui sembrava finire, viene bruscamente spazzato via, e quest’uomo sceglie di cambiar registro…
E se fuggire fosse l’unico modo per ritrovarsi, e per trovare la propria identità e la propria dimensione?
La storia in sé parla di una quotidianità di insoddisfazioni che viene interrotta  da un evento che dà modo al protagonista di rimettersi in gioco e di fare una scelta che lo porta a vivere un nuovo stato di grazia…
            4) Che ruolo gioca il sogno in questo tuo romanzo?
Il sogno è il fulcro attorno al quale gira  tutta la storia. Quanto sono importanti i sogni nella nostra vita? Ce ne sono alcuni che ci tormentano, altri che vorremmo  non finissero mai, a volte sono premonitori, altri ci fanno incontrare persone che purtroppo per diversi motivi non vediamo più.
Il protagonista è un sognatore, sogna una vita che non è riuscito ad avere, o che forse l’ha vissuta realmente, e allora non è un sogno? Vai a capire i sogni?






5) Il protagonista si interroga molto sul significato della vita. Cos'è per te?
Cerco con tutto me stesso di capirne il senso, mi pongo un’infinità di domande, alle quali ancora non ho trovato tutte le risposte. Non posso credere che la vita sia solo alzarsi tutte le mattine,  andare a lavoro, tornare a casa e ripetere così tutti i giorni la stessa routine. Credo che ci sia un significato più alto, non per tutti comprensibile, ecco la mia ricerca, che mi porta a sondare anche l’animo umano delle persone che mi circondano per farmi un’idea critica della vita.

6) Cos'è per te la scrittura e cosa significa narrare? da quanto scrivi?
Io nasco come artista, dipingo dal 1992 quando usavo la pittura per cercare di comunicare qualcosa che avevo dentro, le mie più intime emozioni. Bisogna, però,  essere sempre attenti al mondo che ti circonda e come diceva il mio maestro d’arte: “cogliere i segni”. Alle mostre accompagnavo l’esposizione sempre con uno scritto di presentazione che descriveva la mostra stessa. A volte ricevevo più complimenti per ciò che avevo scritto che per i quadri esposti. Allora, con umiltà mi sono reinventato e mi sono detto che forse quello che provavo lo dovevo scrivere, oltre che dipingere! Durante tutta la mia carriera artistica ho sempre scritto pensieri o chiamiamole poesie e così nel 2013 è nata l’idea di  scrivere, con la pubblicazione del mio primo libro “ River 27 “, che più che un romanzo era appunto una raccolta di pensieri e poesie.

7) Quali sono i tuoi punti di riferimento a livello letterario?
Ma più che un autore o più autori di riferimento, vengo attratto dai titoli delle opere. Mi aggiro per gli scaffali delle librerie finché vengo colpito da un titolo in particolare. Oppure se sui giornali parlano di un libro in particolare allora mi documento e mi incuriosisco al punto tale di volerlo leggere a tutti i costi. Ho letto libri di Paulo Coelho, alcuni  mi sono piaciuti molto e altri meno; ho letto Fabio Volo, Isabel Allende. Ma un segno indelebile mi ha lasciato la lettura di alcuni trattati di Bertrand Russell nello specifico il saggio: “Perché non sono cristiano” e “La conquista della felicità” e poi “L’arte d’amare” e “Fuga dalla libertà” di Erich Fromm.


8) Hai già un'idea per il prossimo romanzo?
Si e ho già buttato giù lo scheletro. L’ispirazione, quella che muove tutto, che un tempo mi spingeva a dipingere, adesso mi porta a scrivere. Il tema sarà ancora più delicato e complesso di quello trattato in “ E se fosse domani?”. Come detto prima mi piace la ricerca e lo studio dei meccanismi umani e di cosa accade durante il corso della nostra vita, che a me piace raccontare in tutti i suoi aspetti e con tutta la sua verità.



lunedì 15 luglio 2019

L'OMBRA DEL VERO di Carla Magnani

Una nuova intervista a un'autrice che ha davvero molto da dire: Carla Magnani. Il suo ultimo romanzo si intitola "L'ombra del vero"ed è un'avvincente storia che merita di essere letta.


1) “L’ombra del vero”: puoi spiegarci questo titolo?

Sapendo quanto sia determinante il titolo di un libro, e per attirare lettori, e per rimanere inerente al tema trattato, la sua scelta non risulta mai del tutto facile. In questo caso ho ritenuto utile puntare su qualcosa di allusivo: una verità che si svela solo in parte, che si presta a più interpretazioni; per dirla con Pirandello: la Verità come forma effimera. L’ombra, quindi, come vana apparenza del vero. 
 

2) Da cosa nasce l’idea di questo romanzo?

Ho voluto riprendere il tema della paura già trattato nel mio precedente romanzo “Acuto”, esasperandolo. Chi può dire di non conoscerla, di non averla provata seppure indirizzata verso aspetti diversi del vivere quotidiano? La paura ci accomuna e se nella prima opera era dovuta alle scelte da compiere, in quest’ultima è  la vita stessa con i suoi abbandoni, le malattie, gli addii, i dolori inevitabili a spingere la protagonista al suicidio visto come unica via di fuga. 

3) come ti è venuta in mente un’idea narrativa così particolare, la scelta di narrare attraverso il punto di vista di una donna in coma ?

Lo stato di coma in cui, come in questo caso, permangono le capacità di udire e di pensare, mi ha consentito di mettere a fuoco aspetti che, in condizioni normali, non sarebbero emersi. Anastasia, la protagonista, ha ora il tempo che prima le mancava: quello necessario per dedicarsi a se stessa. Assillata da tempo dal suo mal di vivere e dal bisogno ossessivo di avere tutto sotto controllo, può almeno godere di questo beneficio. Glielo dovevo.

4) la voce narrante del romanzo medita da tempo di suicidarsi. Perché?

Capisco che possa sembrare irrazionale scegliere di suicidarsi quando, almeno all’apparenza, la vita pare sorriderti assegnandoti un ruolo da privilegiata. In realtà Anastasia si porta dietro la consapevolezza di non sapersi conciliare con l’esistenza stessa, di avere tutto per poter essere felice tranne l’elemento essenziale: la forza necessaria a non soccombere di fronte a future mancanze. Per meglio chiarire mi affido all’interpretazione che la psicologia dà del suicidio: “esso non rappresenta un atto di rifiuto della vita, ma di una forma di vita che non ci rappresenta e, quindi, paradossalmente un atto d’amore per quella cui aspiriamo”.

5) puoi spiegarci il gioco delle associazioni libere compiuto dal personaggio principale durante il coma?

Il gioco che la protagonista mette in atto e a cui si affida durante gli spazi di lucidità ha diverse funzioni: darle la certezza di mantenere attiva la mente, riportarla indietro nel tempo facendole rivivere emozioni credute perse per sempre e concederle l’opportunità di soffermarsi su parole evocative che ora si fanno lievi, ora scavano nel profondo. Attraverso le associazioni con le lettere dell’alfabeto, Anastasia compie un viaggio dentro se stessa e, come conseguenza, verso gli altri.

6) lo stato comatoso consente alla voce narrante di venire a conoscenza di verità nascoste che le vengono narrate spontaneamente da coloro che le sono attorno, tradimenti, amori confessati.…

Narrare a chi crediamo non sia in grado di comprendere facilita il nostro scrutarci nel profondo e confessare ciò che, troppo spesso, è inconfessabile anche a noi stessi. Non deve sorprendere, quindi, che il capezzale di Anastasia si trasformi in  una sorta di teatro della verità, un luogo dove ci si spoglia e ci si mostra per quello che realmente siamo. Mettersi a nudo è sgravarsi di pesi che ci portiamo addosso e finisce per diventare salvifico. Lo è anche per i personaggi di questo romanzo.

7) come è avvenuta la scrittura di questo romanzo?

È stata una specie di sfida con me stessa. Limitare al massimo i dialoghi affidando la narrazione a flussi di coscienza, che sappiamo essere mezzi ottimali per capire la vita, non è stato facile, così come trovare le parole evocative che meglio rappresentassero il personaggio. Conoscendomi, non mi sorprende la scelta fatta; amo sperimentare e ripetermi mi annoia. Ho avvertito anche l’esigenza di documentarmi da un punto di vista clinico sullo stato di coma; non volevo scrivere cose inesatte dato che sono una persona ancorata alla realtà e lascio poco spazio alla pura fantasia.

8) Cosa è per te la scrittura?

Sono nata come lettrice, ho proseguito come docente di lettere e, tardivamente, mi sono ritrovata a scrivere. Oggi ho la certezza che continuerò a farlo finché la vita me lo consentirà. Trovo la scrittura terapeutica, un ottimo strumento per riflettere. Se la lettura è riflessione in divenire, credo che la scrittura compia il percorso inverso anticipando le riflessioni all’atto della stesura del testo stesso, restando, sempre e comunque, perfetta occasione di crescita per l’autore e per la controparte.

martedì 11 giugno 2019

"Come muoversi tra la folla" (SEM) di Camille Bordas


COME MUOVERSI TRA LA FOLLA
di
Camille Bordas


Dory, nome completo Isidore, è un ragazzino di undici anni ed è il minore di sei fratelli.
Vive in una piccola cittadina francese insieme alla sua numerosa famiglia e ha qualcosa di particolare rispetto ai suoi fratelli: non è dotato di un intelletto superiore alla media.
Questo dato, che potrebbe apparire come una disgrazia o uno svantaggio, finisce per dimostrarsi una grande dote nonché una chiave di lettura del mondo.
Mentre, infatti, Berenice, Aurore, Leonard, Jeremie e Simone sono ragazzi completamente assorbiti dalla cura dell'intelletto, del pensiero e dell'arte, Dory è l'unico in grado di mantenere un ferreo rapporto con la realtà e col mondo circostante, quello fatto di incombenze e problemi quotidiani.
Certo non è facile essere ordinario e non avere nulla di apparentemente speciale in una famiglia di persone superiori alla media; ci si sente quasi inutili, insignificanti, schiacciati.
Berenice, Aurore e Leonard, i fratelli maggiori, sono tutti sul punto di ottenere un dottorato con grande anticipo rispetto ai più brillanti dei loro colleghi; Jeremie è un violoncellista di elevatissimo spessore e Simone tenta di costruirsi un futuro da grande scrittrice ed è così convinta dell'imminente successo che commissiona al fratello minore la composizione di una biografia su di lei.
I suoi fratelli e sorelle escono pochissimo, vivono chiusi nelle proprie stanze a leggere, scrivere e studiare, spesso saltano pranzo e cena pur di non interrompere le proprie attività teoretiche, ottengono ottimi risultati in tutto ciò che fanno e guardano gli altri dall'alto in basso.
Ma Dory è diverso, è uno studente discreto, non riesce a pianificare e a mettere in atto neanche una fuga, stringe una specie di amicizia con una ragazza che pensa al suicidio ed è affetto da una normalità che in una famiglia così sembra una colpa.
Eppure quando un evento improvviso giunge a colpire la famiglia questa sua normalità diventerà l'unica certezza cui aggrapparsi. Perché  Isidore è l'unico in grado di guardare gli altri nel profondo, di porsi e porre domande scomode, di pensare alle relazioni, l'unico capace di comprendere il profondo dolore e le grandi battaglie che ognuno dei suoi fratelli sta combattendo in silenzio con se stesso.



Camille Bordas costruisce un romanzo incredibile sugli esseri umani e sui mostri con i quali ognuno di essi deve combattere nel quotidiano.
"Come muoversi tra la folla", edito da SEM, ci racconta qualcosa di noi stessi e del nostro modo di stare al mondo e di guardare al prossimo spiegandoci che l'isolamento dalla realtà, la chiusura eccessiva nel mondo contemplativo può essere sintomo di un'incapacità di affrontare gli ostacoli che la vita ci pone davanti.
Con una scrittura lineare e asciutta e un tono inconfondibile l'autrice, insegnate di scrittura creativa all'Università della Florida (Gainesville), scolpisce una storia sull'esistenza e sul vivere sociale, una narrazione avvincente e profonda che insegna senza volerlo fare ed emoziona dalla prima all'ultima pagina.
Un romanzo da leggere per guardare anche dentro noi stessi e capire il nostro grado di propensione a considerare tutto ciò che è altro da noi stessi.

mercoledì 13 marzo 2019

"Tu salvati" (SEM) di Paolo Valentino


"Tu salvati" (SEM) è il nuovo, intenso romanzo di Paolo Valentino, classe 1982, ghostwriter di professione e autore di diversi libri per l'infanzia che, dopo aver raccontato il passaggio dall'infanzia alla pubertà in "Ritratto di famiglia con errore" (SEM), torna a occuparsi della delicata fase dell'adolescenza. 
Nel suo nuovo romanzo Valentino narra la storia tormentata di Galdina, una ragazza che tutta la scuola ha ribattezzato "Miss Cesso" e che all'improvviso decide di suicidarsi. La storia si dipana attorno a questo avvenimento seguendo le vite di Arianna, ragazza con un dente scheggiato e piena di rabbia, Bice, insegnante senza più voglia di insegnare, Davide che custodisce al suo interno un male misterioso e Carla che cerca di lottare contro l'invecchiamento della memoria.
In un sapiente intreccio di vicende, storie e personaggi, l'autore costruisce un romanzo corale che scandaglia l'animo umano e le difficoltà dello stare al mondo. 
Ecco cosa ci ha raccontato Paolo Valentino:





“Tu salvati”: perché questo titolo?
È un’esortazione. Può capitare a tutti, infatti, di aver bisogno di salvarsi da qualcosa. A volte, è sufficiente accorgersi che c’è dell’altro, dentro di noi, oltre al dolore, e per salvarsi basta uscire dalla cecità a cui ci costringe la disperazione e aprire gli occhi quel poco per capire che, davanti a noi, c’è qualcuno che ci tende la mano, e che, appunto, può salvarci.

Se dovessi raccontare in breve il nucleo centrale attorno al quale si sviluppa la narrazione cosa diresti?
È una storia che parte col suicidio di una ragazza, per tutti, “brutta e sfortunata”. Tanto brutta e sfortunata che nessuno si stupisce più di tanto quando si toglie la vita. Ma quel suicidio è un evento che farà prendere alla vita di due donne – una sua coetanea e un’insegnante della scuola in cui lei studiava – una piega diversa, perlopiù dolorosa.

Nel tuo romanzo metti in scena la ferocia dell’adolescenza. In cosa consiste davvero tale ferocia?
L’adolescente è tutto preso con la conoscenza di sé, ed è una conoscenza non facile, perché la sua è l’età in cui tutto cambia, a partire dal corpo. Il giudizio è sempre lì, delle volte si ha persino paura di sfoggiare un nuovo paio di pantaloni o un nuovo taglio di capelli, perché gli altri saranno sempre pronti a dire la propria. Quindi, consumato dalla costante domanda “Chi sono?”, l’adolescente può non accorgersi che anche gli altri si stanno ponendo la stessa domanda, che hanno le sue stesse fragilità, diventando così crudeli, persino feroci.

Galdina, definita “Miss Cesso” dai suoi coetanei si suicida. Quali sono i turbamenti interiori di questa ragazza per convincerla a un gesto tale?
Galdina è un personaggio misterioso. Bullizzata tramite un concorso che l’ha appunto incoronata “Miss Cesso del Liceo”, ma al contempo scontrosa, antipatica, perfida nei suoi giudizi verso gli altri. Di più il lettore non sa, i turbamenti interiori sono quelli dei personaggi che le ruotavano attorno.

Nel romanzo viene raccontata anche l’impotenza di una società di aiutare chi è in difficoltà, sopratutto i ragazzi. Da cosa nasce questa impotenza?
Viene raccontata, in particolare, la storia di un’insegnante, Bice Righetti, che ha totalmente perso l’amore per il suo lavoro, e che è addirittura arrivata a detestare i suoi studenti. La sua impotenza nell’aiutare Galdina, incontrata in un baretto poco prima del suo suicidio, deriva dalla sua mancanza di empatia. Anche lei, in qualche modo, è chiusa in se stessa, nel suo mondo fatto di abitudini, e non riesce ad accorgersi di chi le sta attorno.

Che ruolo ha la solitudine nel tuo romanzo?
La solitudine è quella di chi non riesce a mettersi in rapporto con gli altri, ma tutti i personaggi sono – in un modo o nell’altro – come calamitati da qualcuno: un modo per conoscere se stessi? per mettersi alla prova? per uscire, appunto, da questa solitudine?

Arianna, Bice, Davide, Carla: ci racconteresti qualche frammento della vita di questi personaggi?
Arianna è una ragazza di buona famiglia, con la media dell’otto, e molto carina, anche se lei, come più o meno tutte le adolescenti, si vede piena di difetti. È per questo che, quando sua madre le scheggia un incisivo superiore colpendola con la fede matrimoniale nell’atto di darle uno schiaffo, il suo unico pensiero è sparire, non farsi vedere da nessuno.
Davide è un ragazzo delicato, silenzioso, solitario, innamorato da anni di Arianna, ma incapace di rivelarle i suoi sentimenti e tutte le storie che si è fatto a proposito di un loro futuro insieme. Le vicende del romanzo lo porteranno, però, a porsi faccia a faccia col suo lato più feroce.
Il rapporto che lega Bice e Carla è riassumibile nell’anello mancante tra di loro: Marina, figlia di Carla, morta nel dare Bice alla luce. Il suo nome, però, è di quelli che non può essere detti ad alta voce. E sarà proprio questo nome, pronunciato per sbaglio da Carla, a creare un cortocircuito nel loro rapporto e ad aprire una porta, chiusa da molto tempo, sul passato di Bice.

Da cosa è nata l’idea di questo romanzo?
Dopo aver scritto una storia sul passaggio dall’infanzia alla pubertà in “Ritratto di famiglia con errore”, forse ho voluto continuare un percorso. Ma la verità è che i personaggi sono arrivati e io gli ho cucito attorno una storia.

Come è avvenuta la sua realizzazione?
Confesso che è stata piuttosto tormentata. Ciò che non riuscivo a trovare era il narratore. Una prima versione vedeva due adolescenti alternarsi alla prima persona; una seconda era il lungo racconto di Bice, sempre alla prima persona; e poi finalmente è arrivata questa sorta di “staffetta” in cui il narratore si focalizza, di capitolo in capitolo, in Arianna, Bice, Davide e Carla, alternandoli.

Ci racconteresti qualcosa del tuo “metodo” di scrittura? Qual è il tuo approccio alla narrazione?
Mi piace che ogni storia mi chieda un approccio diverso. Forse questo è grazie, o per colpa, del mio mestiere di ghostwriter. Non ci sono mai sicurezze, le emozioni più profonde hanno sempre la meglio, e alla fine il risultato è qualcosa che mi scuote, perché arrivato alla fine di un processo di cambiamento interiore. Ecco, finito tutto questo, si reinserisce il “mestiere”, perché il testo va ovviamente curato, limato, ponderato – e non si finirebbe mai… per fortuna ci sono le scadenze.