lunedì 15 luglio 2019

L'OMBRA DEL VERO di Carla Magnani

Una nuova intervista a un'autrice che ha davvero molto da dire: Carla Magnani. Il suo ultimo romanzo si intitola "L'ombra del vero"ed è un'avvincente storia che merita di essere letta.


1) “L’ombra del vero”: puoi spiegarci questo titolo?

Sapendo quanto sia determinante il titolo di un libro, e per attirare lettori, e per rimanere inerente al tema trattato, la sua scelta non risulta mai del tutto facile. In questo caso ho ritenuto utile puntare su qualcosa di allusivo: una verità che si svela solo in parte, che si presta a più interpretazioni; per dirla con Pirandello: la Verità come forma effimera. L’ombra, quindi, come vana apparenza del vero. 
 

2) Da cosa nasce l’idea di questo romanzo?

Ho voluto riprendere il tema della paura già trattato nel mio precedente romanzo “Acuto”, esasperandolo. Chi può dire di non conoscerla, di non averla provata seppure indirizzata verso aspetti diversi del vivere quotidiano? La paura ci accomuna e se nella prima opera era dovuta alle scelte da compiere, in quest’ultima è  la vita stessa con i suoi abbandoni, le malattie, gli addii, i dolori inevitabili a spingere la protagonista al suicidio visto come unica via di fuga. 

3) come ti è venuta in mente un’idea narrativa così particolare, la scelta di narrare attraverso il punto di vista di una donna in coma ?

Lo stato di coma in cui, come in questo caso, permangono le capacità di udire e di pensare, mi ha consentito di mettere a fuoco aspetti che, in condizioni normali, non sarebbero emersi. Anastasia, la protagonista, ha ora il tempo che prima le mancava: quello necessario per dedicarsi a se stessa. Assillata da tempo dal suo mal di vivere e dal bisogno ossessivo di avere tutto sotto controllo, può almeno godere di questo beneficio. Glielo dovevo.

4) la voce narrante del romanzo medita da tempo di suicidarsi. Perché?

Capisco che possa sembrare irrazionale scegliere di suicidarsi quando, almeno all’apparenza, la vita pare sorriderti assegnandoti un ruolo da privilegiata. In realtà Anastasia si porta dietro la consapevolezza di non sapersi conciliare con l’esistenza stessa, di avere tutto per poter essere felice tranne l’elemento essenziale: la forza necessaria a non soccombere di fronte a future mancanze. Per meglio chiarire mi affido all’interpretazione che la psicologia dà del suicidio: “esso non rappresenta un atto di rifiuto della vita, ma di una forma di vita che non ci rappresenta e, quindi, paradossalmente un atto d’amore per quella cui aspiriamo”.

5) puoi spiegarci il gioco delle associazioni libere compiuto dal personaggio principale durante il coma?

Il gioco che la protagonista mette in atto e a cui si affida durante gli spazi di lucidità ha diverse funzioni: darle la certezza di mantenere attiva la mente, riportarla indietro nel tempo facendole rivivere emozioni credute perse per sempre e concederle l’opportunità di soffermarsi su parole evocative che ora si fanno lievi, ora scavano nel profondo. Attraverso le associazioni con le lettere dell’alfabeto, Anastasia compie un viaggio dentro se stessa e, come conseguenza, verso gli altri.

6) lo stato comatoso consente alla voce narrante di venire a conoscenza di verità nascoste che le vengono narrate spontaneamente da coloro che le sono attorno, tradimenti, amori confessati.…

Narrare a chi crediamo non sia in grado di comprendere facilita il nostro scrutarci nel profondo e confessare ciò che, troppo spesso, è inconfessabile anche a noi stessi. Non deve sorprendere, quindi, che il capezzale di Anastasia si trasformi in  una sorta di teatro della verità, un luogo dove ci si spoglia e ci si mostra per quello che realmente siamo. Mettersi a nudo è sgravarsi di pesi che ci portiamo addosso e finisce per diventare salvifico. Lo è anche per i personaggi di questo romanzo.

7) come è avvenuta la scrittura di questo romanzo?

È stata una specie di sfida con me stessa. Limitare al massimo i dialoghi affidando la narrazione a flussi di coscienza, che sappiamo essere mezzi ottimali per capire la vita, non è stato facile, così come trovare le parole evocative che meglio rappresentassero il personaggio. Conoscendomi, non mi sorprende la scelta fatta; amo sperimentare e ripetermi mi annoia. Ho avvertito anche l’esigenza di documentarmi da un punto di vista clinico sullo stato di coma; non volevo scrivere cose inesatte dato che sono una persona ancorata alla realtà e lascio poco spazio alla pura fantasia.

8) Cosa è per te la scrittura?

Sono nata come lettrice, ho proseguito come docente di lettere e, tardivamente, mi sono ritrovata a scrivere. Oggi ho la certezza che continuerò a farlo finché la vita me lo consentirà. Trovo la scrittura terapeutica, un ottimo strumento per riflettere. Se la lettura è riflessione in divenire, credo che la scrittura compia il percorso inverso anticipando le riflessioni all’atto della stesura del testo stesso, restando, sempre e comunque, perfetta occasione di crescita per l’autore e per la controparte.

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