CLAUDIO VOLPE
"Claudio Volpe, classe 1990, pubblica "Il vuoto intorno", suo primo romanzo. Era da tempo che non si assisteva a un esordio letterario così interessante. Il ventiduenne autore sa veramente scrivere. A differenza degli autori della sua generazione, sceglie di percorrere non la strada minimalista ma quella più credibile dl romanzo che si avvale di una scrittura corposa e solida che appartiene a quel Novecento che ha ancora molto da dire." (SATISFICTION)
Nasco a Catania nel 1990.
Mi diplomo al liceo classico di Latina e attualmente studio giurisprudenza
all'Università Roma Tre. Nel 2011 pubblico il mio primo romanzo "Il vuoto
intorno" (ora Anordest edizioni). Il romanzo viene presentato al Premio
Strega da Dacia Maraini e Paolo Ruffilli, vince il Premio Franco Enriquez e
giunge finalista al Premio Torre Petrosa.
Questa la mia esperienza,
questo il mio ingresso nel mondo della letteratura.
Iniziare a scrivere è come prendere
consapevolezza di sé e del proprio mondo interiore, come liberare una storia
che da un momento all’altro si sente di avere in gola, liberando al contempo se
stessi. La scrittura è un viaggio verso l’ignoto: è lei che guida, lei che
comanda, lei che detta le regole.
Forse la storia si compone da sé
mentre l’autore è semplice strumento di questo piccolo miracolo umano. Un
giorno, dunque, capita che fai un movimento, uno uguale a tutti quelli che hai
sempre fatto, ma in quel momento preciso, che è lui e non un altro, ti rendi
conto che qualcosa è accaduto, che qualcosa si è rotto o forse che qualcosa di
nuovo è nato in te.
Senti come una punta, come un
cucuzzolo aguzzo di una montagna che ti cresce dentro e ti chiama per
conquistare il suo posto nel mondo. Allora ti metti al computer e scrivi, batti
i polpastrelli sui pulsanti neri del pc e incastri gli occhi sulle tue dita che
premono, non guardi il foglio bianco, quasi per nulla ti curi di lui. Scrivi.
Scrivi e ti senti felice senza un motivo, senza un senso.
Scrivi e percepisci come un
brivido di liberazione, come uno stomaco vuoto che ha rigurgitato per intero un
pasto indigesto e ora sta bene. Ora respira. Mentre premi sui pulsanti, con una
mano apri il quaderno delle tue frasi, quello che hai sempre appresso e sul
quale annoti le tue idee, i tuoi pensieri, i tuoi scatti di rabbia, impeti di
gioia, parvenze d’amore, illusioni di comprensione, percezioni di verità,
sensazioni di vita.
E sfogli le pagine in cerca di
quella frase, che è lei e non un’altra, da poter inserire nel testo tra un
personaggio e un altro, tra un gesto e il suo contrario, tra una vita e la sua
negazione. Capisci di essere sulla giusta strada quando ti accorgi di non voler
lasciare la tua scrittura e quelle parole che stai componendo e quel brivido
che stai provando e che ti sta sconquassando le interiora.
Capisci di non poter chiudere il
pc come se lo smettere di scrivere fosse gesto quotidiano da poter posticipare
al giorno dopo. Capisci che quel tuo scrivere non è un qualcosa di
procrastinabile, che le emozioni non possono essere sospese e che il dolore,
nel suo farsi parola non si presta a interruzioni.
Allora alzi la mano nella quale
stringi il tuo quaderno e poi alzi l’altra nella quale stringi magari il vuoto
e le unisci come in una preghiera. Poi ti strofini gli occhi e lo fai per
rassicurare quei tuoi occhi stanchi che l’indomani sì, tornerai a scrivere e
per convincerli che a notte fonda è forse opportuno riposare.
Quando sei a letto ti rigiri tra
le coperte e col buio della stanza nella mente pensi e ripensi alla storia, ai
personaggi, alle frasi che hai in testa e pensi alla vita e alla felicità e a
come esprimere nella tua storia concetti che non riesci probabilmente neanche a
metabolizzare.
La parola è la casa dell’essere
diceva un certo filosofo. E aveva ragione. La parola segna i confini della
nostra esistenza, da spazio al nostro vivere, fa vivere il nostro essere. Ti
addormenti, finalmente, con la bocca della mente che continua a muovere le sue
labbra e magari la notte sogni un pezzo di storia, un pezzo di vita.
E quando il giorno dopo riprendi
a scrivere, tra un esame universitario e l’altro, tra una corsa al teatro e un
salto in libreria ti senti più ricco, ti senti in pace con te stesso anche se
in continua lotta. Ma in fondo la scrittura è questo: momenti di conciliazione
che abitano a piccoli sorsi un’anima in perenne conflitto.
Quando poi hai il tuo romanzo
bello e pronto, tutto corretto e farcito da tutte le tue aspettative e il tuo
amore, lo affidi tra le braccia di coloro che hanno il potere di innalzarti o
di demolirti. Cerchi un editore, gli mandi il tuo lavoro, attendi. Qualche
volta giunge una risposta. Qualche volta il tuo lavoro piace. Qualche volta il
tuo manoscritto diventa un libro vero.
E ti ritrovi allora a ringraziare
la storia che si è fatta scrivere da te. La ringrazi perché ti ha condotto fino
al banco di una libreria. E intanto, inizi a cercare parole nuove per svuotare
ancora la tua anima e per dar forma alle tue inquietudini. A quelle scosse di
emozioni che ci rendono umani.
Alcune partecipazioni in tv:
(Tg3 Linea notte, Il vuoto intorno)
(Uno mattina caffè, Il vuoto intorno)
(Cultura a colori, Iride tv)
Intervista a Claudio Volpe ad opera di Chiara Lico, giornalista del Tg2
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