lunedì 25 giugno 2018

"Amici per paura" e "Amici addio" di Ferruccio Parazzoli




Ferruccio Parazzoli è certamente uno dei più grandi scrittori italiani viventi. Per SEM ha da poco pubblicato due formidabili romanzi che vanno letti insieme come un’unica grande storia che attraversa il Novecento e ha al suo centro lo stesso personaggio, Francesco. “Amici per paura” ci catapulta in una Roma del 1943 quando Francesco è ancora bambino e trascorre lunghi pomeriggi in cortile con i suoi compagni di gioco in quel teatro suggestivo che è il casamento INCIS. I bambini giocano alla guerra non consci della reale portata di cosa guerra voglia davvero dire. Almeno fino a quando il 19 luglio la guerra vera piomba in città e stravolge le loro vite segnando l’acquisizione della consapevolezza della distinzione tra finzione goliardica e realtà. La paura, le bombe, la morte, la miseria e la fame diventano pane quotidiano per Francesco e i suoi amici.





In “Amici addio”, sono trascorsi invece diversi anni dal termine della guerra, Francesco è cresciuto e si trova ad affrontare l’adolescenza e il processo di crescita che essa comporta. Crescita testimoniata dal sapiente mutamento di prospettiva segnata dall’autore che se nel primo romanzo raccontava in terza persona, in questa seconda opera si appropria pienamente e dall’interno del punto di vista di Francesco il quale narra le vicende in prima persona filtrando attraverso i propri occhi e la propria sensibilità gli accadimenti della vita. Come a testimoniare che crescere significa riappropriarsi della propria identità e viverla fino in fondo.
Due romanzi accomunati anche dall’alto valore dato alla parola. La lingua utilizzata è infatti sapiente e ricercata ma mai pedante o lenta. Lo stile è capace di costruire una narrazione avvincente ma allo stesso tempo di dare importanza alla scrittura che non passa mai in secondo piano rispetto al susseguirsi dei fatti. Una scrittura frutto evidente di grande esperienza.
La guerra è dunque il tema portante dell’opera complessivamente intesa, una guerra che tutto distrugge e muta costringendo le popolazioni a fughe precipitose verso le campagne per evitare rastrellamenti e deportazioni. Una guerra che lascia segni indelebili nella società italiana e nell’identità del protagonista e che muta progressivamente da dimensione ludica a triste e devastante realtà. Un’opera dunque che ci apre gli occhi sui limiti e illusioni create dal potere, sui meccanismi che hanno guidato l’agire verso una guerra e un regime dittatoriale senza precedenti per l’Italia. Un’opera che ci mette in guardia sul rischio sempre presente che la pace, quella pace faticosamente conquistata, venga attentata dalla follia umana.

"Il diritto di morire" - libro dialogo tra Claudio Volpe e Dacia Maraini




Ne “Il diritto di morire” (SEM) Claudio Volpe, giovane scrittore e giurista, dialoga con una delle più note e apprezzate intellettuali italiane nel mondo, Dacia Maraini, sull’attuale e complesso tema del fine vita. Passando attraverso un confronto sulle questioni dell’eutanasia, del suicidio assistito, del testamento biologico, dell’accanimento terapeutico, questo testo cerca di comprendere se esista o se sia comunque meritevole di riconoscimento un “diritto di morire”, intendendo per esso il diritto ad autodeterminarsi nelle scelte relative ai trattamenti medici cui sottoporsi e soprattutto alla possibilità di decidere di porre fine alla propria vita anticipatamente allorquando la malattia e il patimento siano tali da privare una persona della propria dignità. “Diritto di morire” dunque come antitesi a un presunto ma oggi sempre più pressante “dovere di vivere” che finisce spesso per dimenticarsi della sacralità della vita umana e della reale consistenza della sua dignità. Dalle parole di Volpe e Maraini emergono riflessioni profonde ad ampio raggio: dalla concezione che la società presente ha della morte fino al dogma scientifico della curabilità di qualunque malattia e, dunque, dell’immortalità; dalla recente legge sul testamento biologico, alle soluzioni adottate da paesi come la Svizzera che già da settanta anni riconoscono la pratica legale dell’eutanasia; dal racconto della propria personale e intima visione della morte fino alla narrazione dei casi di cronaca più attuali come quello di Dj Fabo, che è dovuto fuggire in Svizzera per morire in un esilio forzato e della scrittrice francese Michèle Causse, la quale pur non essendo malata ma essendosi stancata di vivere decide all’età di settantaquattro anni di recarsi a Zurigo per praticare il suicidio assistito. 





Passando attraverso il mondo giuridico-normativo, quello delle testimonianze dirette, quello della letteratura e perfino della mitologia greca, “Il diritto di morire”, con parole semplici e immediate e con un tono razionale e delicato, cerca di condurre i suoi lettori lungo una riflessione senza pregiudizi e al di fuori di ogni luogo comune sulla libertà dell’uomo anche negli ultimi istanti della propria esistenza. Il rapporto di amicizia che ormai da molti anni lega i due autori rende il dialogo uno scambio intimo e profondo dove due attenti osservatori della realtà raccontano la direzione che verso la quale si sta avviando la nostra società finendo, allo stesso tempo, per raccontare se stessi.