"Tu salvati" (SEM) è il nuovo, intenso romanzo di Paolo Valentino, classe 1982, ghostwriter di professione e autore di diversi libri per l'infanzia che, dopo aver raccontato il passaggio dall'infanzia alla pubertà in "Ritratto di famiglia con errore" (SEM), torna a occuparsi della delicata fase dell'adolescenza.
Nel suo nuovo romanzo Valentino narra la storia tormentata di Galdina, una ragazza che tutta la scuola ha ribattezzato "Miss Cesso" e che all'improvviso decide di suicidarsi. La storia si dipana attorno a questo avvenimento seguendo le vite di Arianna, ragazza con un dente scheggiato e piena di rabbia, Bice, insegnante senza più voglia di insegnare, Davide che custodisce al suo interno un male misterioso e Carla che cerca di lottare contro l'invecchiamento della memoria.
In un sapiente intreccio di vicende, storie e personaggi, l'autore costruisce un romanzo corale che scandaglia l'animo umano e le difficoltà dello stare al mondo.
Ecco cosa ci ha raccontato Paolo Valentino:
“Tu salvati”:
perché questo titolo?
È un’esortazione.
Può capitare a tutti, infatti, di aver bisogno di salvarsi da qualcosa. A
volte, è sufficiente accorgersi che c’è dell’altro, dentro di noi, oltre al
dolore, e per salvarsi basta uscire dalla cecità a cui ci costringe la
disperazione e aprire gli occhi quel poco per capire che, davanti a noi, c’è
qualcuno che ci tende la mano, e che, appunto, può salvarci.
Se dovessi
raccontare in breve il nucleo centrale attorno al quale si sviluppa la
narrazione cosa diresti?
È una storia che
parte col suicidio di una ragazza, per tutti, “brutta e sfortunata”. Tanto
brutta e sfortunata che nessuno si stupisce più di tanto quando si toglie la
vita. Ma quel suicidio è un evento che farà prendere alla vita di due donne –
una sua coetanea e un’insegnante della scuola in cui lei studiava – una piega
diversa, perlopiù dolorosa.
Nel tuo
romanzo metti in scena la ferocia dell’adolescenza. In cosa consiste davvero
tale ferocia?
L’adolescente è
tutto preso con la conoscenza di sé, ed è una conoscenza non facile, perché la
sua è l’età in cui tutto cambia, a partire dal corpo. Il giudizio è sempre lì,
delle volte si ha persino paura di sfoggiare un nuovo paio di pantaloni o un
nuovo taglio di capelli, perché gli altri saranno sempre pronti a dire la
propria. Quindi, consumato dalla costante domanda “Chi sono?”, l’adolescente
può non accorgersi che anche gli altri si stanno ponendo la stessa domanda, che
hanno le sue stesse fragilità, diventando così crudeli, persino feroci.
Galdina,
definita “Miss Cesso” dai suoi coetanei si suicida. Quali sono i turbamenti
interiori di questa ragazza per convincerla a un gesto tale?
Galdina è un
personaggio misterioso. Bullizzata tramite un concorso che l’ha appunto
incoronata “Miss Cesso del Liceo”, ma al contempo scontrosa, antipatica,
perfida nei suoi giudizi verso gli altri. Di più il lettore non sa, i
turbamenti interiori sono quelli dei personaggi che le ruotavano attorno.
Nel romanzo
viene raccontata anche l’impotenza di una società di aiutare chi è in
difficoltà, sopratutto i ragazzi. Da cosa nasce questa impotenza?
Viene raccontata,
in particolare, la storia di un’insegnante, Bice Righetti, che ha totalmente
perso l’amore per il suo lavoro, e che è addirittura arrivata a detestare i
suoi studenti. La sua impotenza nell’aiutare Galdina, incontrata in un baretto
poco prima del suo suicidio, deriva dalla sua mancanza di empatia. Anche lei,
in qualche modo, è chiusa in se stessa, nel suo mondo fatto di abitudini, e non
riesce ad accorgersi di chi le sta attorno.
Che ruolo ha
la solitudine nel tuo romanzo?
La solitudine è
quella di chi non riesce a mettersi in rapporto con gli altri, ma tutti i
personaggi sono – in un modo o nell’altro – come calamitati da qualcuno: un
modo per conoscere se stessi? per mettersi alla prova? per uscire, appunto, da
questa solitudine?
Arianna, Bice,
Davide, Carla: ci racconteresti qualche frammento della vita di questi
personaggi?
Arianna è una
ragazza di buona famiglia, con la media dell’otto, e molto carina, anche se
lei, come più o meno tutte le adolescenti, si vede piena di difetti. È per
questo che, quando sua madre le scheggia un incisivo superiore colpendola con
la fede matrimoniale nell’atto di darle uno schiaffo, il suo unico pensiero è
sparire, non farsi vedere da nessuno.
Davide è un
ragazzo delicato, silenzioso, solitario, innamorato da anni di Arianna, ma
incapace di rivelarle i suoi sentimenti e tutte le storie che si è fatto a
proposito di un loro futuro insieme. Le vicende del romanzo lo porteranno,
però, a porsi faccia a faccia col suo lato più feroce.
Il rapporto che
lega Bice e Carla è riassumibile nell’anello mancante tra di loro: Marina,
figlia di Carla, morta nel dare Bice alla luce. Il suo nome, però, è di quelli
che non può essere detti ad alta voce. E sarà proprio questo nome, pronunciato
per sbaglio da Carla, a creare un cortocircuito nel loro rapporto e ad aprire
una porta, chiusa da molto tempo, sul passato di Bice.
Da cosa è nata
l’idea di questo romanzo?
Dopo aver scritto
una storia sul passaggio dall’infanzia alla pubertà in “Ritratto di famiglia
con errore”, forse ho voluto continuare un percorso. Ma la verità è che i
personaggi sono arrivati e io gli ho cucito attorno una storia.
Come è
avvenuta la sua realizzazione?
Confesso che è
stata piuttosto tormentata. Ciò che non riuscivo a trovare era il narratore.
Una prima versione vedeva due adolescenti alternarsi alla prima persona; una
seconda era il lungo racconto di Bice, sempre alla prima persona; e poi
finalmente è arrivata questa sorta di “staffetta” in cui il narratore si
focalizza, di capitolo in capitolo, in Arianna, Bice, Davide e Carla,
alternandoli.
Ci
racconteresti qualcosa del tuo “metodo” di scrittura? Qual è il tuo approccio
alla narrazione?
Mi piace che ogni
storia mi chieda un approccio diverso. Forse questo è grazie, o per colpa, del
mio mestiere di ghostwriter. Non ci sono mai sicurezze, le emozioni più
profonde hanno sempre la meglio, e alla fine il risultato è qualcosa che mi
scuote, perché arrivato alla fine di un processo di cambiamento interiore.
Ecco, finito tutto questo, si reinserisce il “mestiere”, perché il testo va
ovviamente curato, limato, ponderato – e non si finirebbe mai… per fortuna ci sono
le scadenze.