In uno scenario
bellissimo e perfettamente dipinto quale quello maremmano, Gordiano Lupi
ambienta il suo romanzo, presentato al Premio Strega 2014 “Calcio e acciaio.
Dimenticare Piombino”, storia di un calciatore alla ricerca di se stesso e del
suo passato o meglio di un uomo che ricerca se stesso addentrandosi nei meandri
della memoria e cavalcando il passato. Questo viaggio interiore porterà il
personaggio principale, Giovanni, a tornare nel luogo di infanzia, luogo di
appartenenza e di formazione, Piombino. Su questo sfondo si snocciolano poi e
trovano posto diverse storie di amicizia e di amore che legano le sorti dei
personaggi costruendo un microcosmo dove trovano collocazione relazioni umani,
interrogativi e sentimenti che appartengono ad ognuno di noi e nelle quali ogni
lettore potrà rivedere una parte di sé. Quello di Giovanni è un personaggio
complesso, che lo stesso autore definisce così in un’intervista. “Giovanni è un romantico, un idealista, ma al tempo stesso è un
personaggio realistico, con pregi e
difetti di un uomo invecchiato senza un amore, o meglio con il ricordo
di troppi amori perduti. Il prezzo da pagare al successo è stato troppo grande
e questo refrain malinconico torna spesso tra le pagine del romanzo. Non vuol perdere l’ultima occasione della
sua vita, però. E farà di tutto per non avere altri rimpianti”. Questa complessità
è accresciuta dall’intervento del rapporto tra personaggio e amore, un amore
che sembra non essere arrivato mai nel modo giusto oppure sembra non essere
stato in grado di rimanere e dare senso a tutta una vita.
“Ricordi? Eravamo innamorati quando
la spiaggia di Trani racchiudeva pensieri nascosti tra vecchie mura. Cos’è
rimasto dei nostri sogni? Cosa cercano i tuoi occhi colpiti dal vento di
libeccio?vorrei rivederti, e invece sono costretto a scriverti: la mia penna
attraversa i sentieri del passato e soffre. Debora, io lo so che i tuoi occhi ricercano
ancora le strade d’un dolce passato, nei momenti del risveglio mattutino quando
osservi le barche dei pescatori che approdano nella piccola rada, quando
ricordi il calore dei nostri baci sul lungomare, quando sei felice nel vedere i
tuoi bambini coperti dalle coltri dei giorni di festa.. li vedi dormire, li
culli con dolcezza di madre, ti ricordi di quando da bambina correvi sulla
spiaggia. Debora, quella spiaggia è il panorama di perdute speranze. i nostri
ricordi sono desideri confessati alla notte, a un letto disfatto, portano con
se il colore dei tuoi occhi e conservano il dolore del mare in burrasca. Ripenso
alle nostre sere d’estate, quando percorrevamo tramonti sul lungomare, osservando
le onde infrangersi sui muri in granito ai nostri cuori. Ricordo sensazioni,
dolori giovanili che colgono di sorpresa,momenti di abbandono. Ricordo il tuo
sorriso, le tue lacrime sconfitte, il tuo sguardo di sfida verso il mondo.”
Un passo questo, estremamente
delicato, poetico e raffinato che evoca l’idea di un amore perduto, lontano,
smarrito eppure sempre vivo nell’anima. Emerge pienamente la consapevolezza che
l’amore richiede impegno, coraggio, predisposizione alla messa in discussione
di se stessi ma soprattutto immersione nella vita.
“Giovanni sa che sulla solitudine non
si costruisce niente. Soprattutto l’amore”
Di grande impatto è anche l’attenzione
che viene dedicata alla descrizione dell’ambiente toscano e nello specifico
Piombino, del quale viene messa in evidenza la contraddittorietà che a tratti
balza fuori e lo contraddistingue.
“Piombino è un posto che chiamarlo
città pare troppo, cittadina ricorda la scuola elementare, paese non rende bene
l’idea. Insomma questa città è uno di quei luoghi di provincia dove le giornate
hanno tutte lo stesso sapore e il passare del tempo non lasca traccia.”
E ancora:
“la osserva ogni giorno tra le
braccia della madre nella povera casa di via Gaeta, vicino all’altoforno, così
diversa dalla casa di montagna dei suoi avi, resa scura dai fumi dell’acciaieria,
un mostro che rappresentava il pane, unico motivo per andare avanti. Il sorriso
della moglie riassumeva tutti i sorrisi delle donne che avevano attraversato la
sua esistenza. Il figlio avrebbe fatto la sua stessa vita, scandita dalla
sirena della fabbrica, come un grido di dolore nella sera, come un richiamo per
un popolo di operai che si tramanda un mestiere di generazione in generazione.
L’altoforno come un alare pagano dove sacrificare l’esistenza e sognare un
futuro migliore”.
“Soltanto
a Piombino ho visto case per gli operai costruite sul mare, acciaio e salmastro
cercare una strada comune, lottare per fumo e pane, ma anche amore per il mare,
per scogliere incontaminate, per golfi e calette misteriose che danno riparo al
sole. Sarà per questo che ho scelto di tornarci. Forse mi sento figlio di tante
contraddizioni”.
Forte è anche il senso di nostalgia
per un’epoca passata nella quale si è cresciuti e si è assistito alla formazione
di se stessi e dei propri ideali.
“La nostra cultura era quella del
flipper con i record segnati con la penna biro, del calcio balilla con i vecchi
calciatori decapitati e anneriti, dei primi videogames artigianali che si
facevano strada. Non solo. Era la cultura del cinema con il doppio spettacolo
domenicale e la signora che vendeva manciate di semi per poche lire. Era la
cultura del campino sterrato della parrocchia, dove sognavamo di emulare
Mazzola e Rivera. Era la cultura dei nonni che raccontavano le fiabe tenendoci
per mano nelle giornate di vento”.
Con un linguaggio fruibile e poetico,
Gordiano Lupi, ci regala dunque un romanzo intenso che conduce inevitabilmente
a riflettere sul senso di appartenenza ad una terra e ad un tempo nonché sull’importanza
di realizzare se stessi fin quando si è ancora in tempo.
Gordiano Lupi (Piombino, 1960). Collabora con La Stampa di Torino. Dirige le Edizioni Il Foglio Letterario. Traduce gli scrittori cubani Alejandro Torreguitart Ruiz e Yoani Sánchez. Ha pubblicato molti libri monografici sul cinema italiano. Tra i suoi lavori:Cuba Magica – conversazioni con un santéro (Mursia, 2003), Un’isola a passo di son – viaggio nel mondo della musica cubana (Bastogi, 2004), Almeno il pane Fidel – Cuba quotidiana (Stampa Alternativa, 2006), Mi Cuba (Mediane, 2008), Fellini – A cinema greatmaster (Mediane, 2009), Una terribile eredità (Perdisa, 2009), Fidel Castro –biografia non autorizzata (A.Car, 2011), Yoani Sánchez – In attesa della primavera(Anordest, 2013). Tra i suoi ultimi progetti c’è una Storia del cinema horror italiano in cinque volumi. Cura la versione italiana del blog Generación Y della scrittrice cubana Yoani Sánchez e ha tradotto per Rizzoli il suo primo libro italiano: Cuba libre – Vivere e scrivere all’Avana (2009). Ha tradotto – per Minimum Fax – La ninfa incostante di Guillermo Cabrera Infante (Sur, 2012).
grazie
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