martedì 1 ottobre 2013

Ho visto una prostituta che leggeva

La lettura può salvare, accogliere nelle proprie mani calde di vita e sorreggere: l'ho sempre pensato. Se non altro perché leggere ti fa sentire meno solo, ti catapulta nella ricchezza del mondo, nella complessità delle cose e ti mostra, pagina dopo pagina, parola dopo parola, che dolore, felicità, paura non sono mai fine a se stessi ma possono rappresentare un percorso, una scala che può condurti altrove, nel mondo delle idee dove si può combatte senza ferire e dove ogni volta che si è riusciti a vivere attraverso gli occhi, il sangue e la carne di un altro essere umano anche infinitamente diverso da te, si é riusciti anche a percepire tutta insieme la bellezza dell'esistenza. Ieri pomeriggio ero di ritorno da Roma quando all'improvviso vedo, sul ciglio di una strada costellata di alti pini una prostituta, una ragazza bionda tanto giovane quanto bella. Seduta su una sedia di plastica bianca, una di quelle che si usano per il mare, attendeva probabilmente qualche possibile cliente. E intanto leggeva. Sì, aveva un libro tra le mani poggiato sulle gambe nude e accavallate e leggeva. Questa immagine mi ha ferito come una stonatura in un pezzo di musica classica. Non è stato tanto il fatto che preconcetti e stereotipi possano far apparire strano o assurdo che una prostituta legga ma la tristezza di una vita che non credo, non riesco a credere, sia davvero frutto di una scelta. Insomma: chi mai si prostituirebbe sul ciglio di una strada qualora avesse la possibilità di scegliere, di avere qualche alternativa che squarci il buio senza fine di una vita che appare incurabile e di fare sì sesso, magari anche ogni giorno, ma con la persona amata? Spesso siamo in grado di lanciare messaggi senza parlare, di chiedere aiuto senza proferir parola e di rivolgerci alla vita, quasi pregandola di darci un futuro migliore, con un semplice gesto: leggere un libro. Leggere un libro per strapparsi alla propria vita e condurci in un mondo parallelo dove magari Emma Bovary cerca di vivere appieno contro ogni falso moralismo oppure dove Mattia Pascal riflette sula propria identità invisibile. Ecco, in questo credo: che dovremmo avere tutti la possibilità di scegliere, la possibilità di sperare che il futuro sia migliore, che nessuno più debba caricarci nella sua auto, condurci chissà dove ed entraci dentro, profanare la nostra anima, divellere la nostra dignità. Credo che i libri e gli scrittori debbano farsi carico di questo compito e percepire, nell'atto del loro scrivere, una grande responsabilità consapevoli del fatto che, probabilmente, in qualche parte del mondo, qualcuno starà cercando di sollevare la propria esistenza dalla melma bastarda e densa del dolore proprio a partire dalle nostre parole. È una missione, un dovere forse. Certamente è l'unico modo che io, anima fragile che prova a divenire scrittore, conosco per non abbandonare nessuno al suo destino. L'unico modo per tendere all'altro la mano. Quella stessa mano che passa ore immaginifiche a scrivere come se scrivere potesse cambiare il mondo. 

1 commento:

  1. Mi chiedo se leggere un libro sia un plus o un minus valore per una prostituta, intendo mentre esercita suo mestiere.
    Mi piace immaginare un cliente che, consapevole dell'importanza di quel momentaneo estraniarsi della ragazza dalla realtà, non si fermi apposta per non disturbarla. Certo, ci vuole un cliente molto particolare per pensare una cosa del genere ma può accadere, e la ragazza perderebbe un cliente.. ma guadagnerebbe un momento magico.
    Quanto alla lettura, che è la mia più fedele compagna di vita, è vero che gli scrittori hanno una missione, come tutti gli artisti, ma molti di loro non la portano a termine, non per mancanza di volontà ma di talento. Paola

    RispondiElimina