lunedì 23 marzo 2020

Intervista a Sonia Serazzi autrice de "Non c'è niente a Simbari Crichi" (Rubbettino)


"Non c'è niente a Simbari Crichi" di Sonia Serazzi (Rubbettino) è un'opera di una bellezza spiazzante: è la storia di un posto immaginario, un paese di sogni scassati e di stelle spergiure, metafora di un Sud reale ma allo stesso tempo trasfigurato. L'autrice mescola e offre al pubblico i racconti di personaggi indimenticabili. Marcellina Scatalascio, Bradamante Sirace, Fortunato Sirianni, Pavula, Laria Straniti: sono solo alcuni dei personaggi messi in scena con sapienza e forza dalla scrittrice. Ed è attraverso le loro parole che la vita, l'amore, il dolore vengono raccontati in un alternarsi serrato. Un Sud pulsante e ricco di vita ne viene fuori con tutta la sua irruenza e la sua poeticità.
Ciò che colpisce in questa storia è la spiazzante potenza linguistica dell’autrice che sa tessere parole, scolpire immagini, plasmare la parola come materia viva. Un libro fatto di tante voci narranti e narrate, uno sguardo viscerale sull’anima umana condito di ironia e sagacia. Personaggi indimenticabili che diventano amici uscendo dalla pagina e assumendo sembianze reali, carne e sangue. Personaggi veri che donano al lettore riflessioni sulla vita quotidiana e sul senso più profondo dell’esistenza con tanta semplicità e immediatezza da catturare. Un’esplosione di bellezza, insomma. La Serazzi è una vera scrittrice! Da leggere assolutamente!










Raggiungo l'autrice telefonicamente con un desiderio feroce di intervistarla. Ecco cosa mi ha raccontato con grandissima disponibilità.

1) "Non c'è niente a Simbari Crichi": perché questo titolo?

Mi piaceva giocare con un'espressione che più volte ho sentito ripetere qui al sud, una sorta di ritornello che accompagna i dialoghi di molte persone. Quando raccontiamo il sud usiamo dire spesso "non c'è niente". Questa parola che tornava su tante bocche era una sorta quasi di maledizione che incombeva sulle creature del sud. Io ho voluto giocarci sbattendo in faccia una negazione al lettore, mettendola come titolo, in realtà per smentirla all'interno del testo. A me pare che dentro a Simbari Crichi ci sia un mondo di relazioni, un mondo di affetti, un mondo di sguardi, un mondo di voci. Quindi mi piaceva raccontare questo niente che poi è tantissimo e che è il niente poi che riempie la vita di ognuno di noi.

2) Da Cosa nasce l'idea di questo libro e come è avvenuta la sua scrittura?

In realtà io ho scritto questo libro per far sorridere delle persone che amavo. Non pensavo in realtà alla pubblicazione e quindi al tempo non ho badato. Si è trattato di una scrittura istintiva. Poi ovviamente quando ho pensato di inviarlo a un editore c'ho lavorato, ho ripreso questi testi e li ho limati. In genere sono una persona che scrive molto in testa. Non spreco carta. Non sono di quelle che scrivono e riscrivono e riscrivono. Io scrivo molto in testa e quando prendo penna e carta di solito il bimbo è pronto.

3) Qual è il tuo approccio alla parola e alla scrittura?

La scrittura per me deve germinare dalla vita. Credo nelle parole che vengono fuori da ciò che è vivo e da ciò che si vive.

4) Come sei riuscita a scrivere con uno stile così sapiente e immaginifico, curato e potente e a rendere la diversità delle voci dei tuoi personaggi?

In realtà io le sento davvero le voci e sono molto attenta alle voci che ho attorno. Cerco di cogliere la sfumatura, il ritmo, un tic linguistico di ogni creatura che incontro. Per cui questa ossessività nell'ascolto delle voci reali poi mi rende piuttosto semplice la caratterizzazione quando vado a trasporre queste voci dal punto di vista narrativo. E' un grandissimo istinto per le parole dette, un'attenzione amorevole.

5) Dei vari personaggi ai quali hai dato voci qual è il tuo preferito?

Li amo tutti perché ciascuno di essi è un pezzetto di me. Amo Marcellina per la sua innocenza; amo Laria Straniti per la sua fame d'aria; amo Fortunato Sirianni per questa sua voglia di costruirsi la vita faticando con onestà. Amo ciascuno dei miei personaggi per quello che è capace di dare. Non ne saprei scegliere uno.

6) Qual è il ruolo che gioca la Calabria nella tua scrittura?

Penso che sarebbe uno sgarbo nei confronti della mia terra quello di produrre un frutto che valga solo perché nato qui. Chi scrive deve scrivere per tutti. Le mie radici vivono qui ma spero di fiorire in ogni terra: è un desiderio ambizioso ma credo che tale debba essere quello che muove gli scrittori perché bisogna faticare duramente per ottenerlo.

lunedì 16 marzo 2020

Intervista a Gianluigi Bruni autore de "Luce del nord" (Rubbettino)


Gianluigi Bruni ha scritto un romanzo potente e polifonico, "Luce del nord", edito da Rubbettino. L'autore dimostra una grandissima capacità di caratterizzare le diverse voci narranti della sua opera. L'attenzione per personaggi quasi bordeline, per gli ultimi, coloro che vivono nelle periferie dell'esistenza, rendono questa storia una lettura importante e irrinunciabile. Ogni personaggio appare vero e realistico nella sua complessità e trascina il lettore in un'avventura che si dipana rapida e precisa. La voglia di voltare pagina senza arrestarsi è tanta e questo conferma il grande pregio di questo romanzo che è stato anche uno dei candidati al Premio Strega 2020. Un plauso anche alla casa editrice Rubbettino per aver scovato e pubblicato un romanzo tanto coraggioso. Ecco cosa ci ha raccontato l'autore.



     1)Luce del nord”: perché questo titolo?

La "Luce del Nord" è quella dell'aurora boreale descritta da Nansen nei suoi diari durante le spedizioni in Groenlandia e al Polo. La figura di Nansen, frequentemente citata da Eva, uno dei personaggi del romanzo, rappresenta la pulsione verso il bene,l'attenzione per l'umanità che soffre. Del resto il tema della luce, variamente declinato nel corso dell'opera, fa da contrappunto alla tetra oscurità in cui vivono i tre protagonisti.

2)
Da cosa nasce l’idea di scrivere questo romanzo?

Dall'urgenza di parlare dell'esistenza amara, senza prospettive degli sconfitti e, nello stesso tempo, mostrare come nelle vite più disgraziate possa esserci empatia, solidarietà, amore.

3)
Quanto è durata la fase di scrittura e qual è il suo approccio alla parola come scrittore?

Circa due anni per la prima stesura, tenendo presente che ho lavorato solo nei ritagli di tempo.
La parola è il tramite dinamico per raggiungere e colloquiare  con il lettore, cui l'opera è destinata.




4) Come ha fatto a caratterizzare in modo così preciso le diverse e plurime voci narranti di questo romanzo? Come si fa a dare a ogni voce il suo timbro?

C'è stata una prima fase di documentazione sui vernacoli e i linguaggi dei semicolti ma il grosso del lavoro è stato lo studio  sul campo di lessemi, costrutti, espressioni idiomatiche delle classi popolari.
Nel romanzo abbiamo un personaggio, Frank, che parla un italiano ricco di elementi dialettali; Cristian, che ha un ritardo intellettuale, parla un italiano basico con qualche elemento di linguaggio rurale; Eva, di estrazione sociale modesta ma "intellettuale" è bilingue: si esprime talvolta in un eloquio popolare, a volte utilizza termini più evoluti.
Devo dire, però, che una volta da me individuati e compresi i personaggi, loro stessi hanno scelto la lingua in cui esprimersi.






5)
Ci può raccontare i suoi personaggi?

Sono tre, diversamente connotati, antitetici fra loro: Frank è un vecchio stunt, erotomane e ubriacone, che vive nel ricordo dei film che faceva in gioventù. Per egoismo e stupidità ha rovinato la vita di sua moglie, la donna che per amore ha accettato di dividere la sua vita con lui fino ad esserne distrutta. Cristian è uno spirito semplice, indifeso e gentile, vittima predestinata prima di una famiglia che non lo ama, poi  di una società feroce che lo esclude e discrimina. Eva è lo spirito critico del gruppo, l'unica che ha coscienza del proprio fallimento; allo stesso tempo è il collante e l'anima di quel "menage a trois" fra disgraziati.

6)
 Il suo romanzo è stata presentato al Premio Strega. Come va vissuto la candidatura?

Con soddisfazione; allo stesso tempo sapevo che sarebbe stato estremamente difficile andare avanti nella selezione.

7)
Cosa è per lei la scrittura?

La possibilità di creare e descrivere mondi.