Questa è la luce



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Il tempo feroce: se dal discorso pubblico scompare l’età matura

Chi muore, muore di nascosto.  Non sto parlando della morte del corpo, non solo di quella, ma della morte dell’individuo all’interno della società e della comunità. Viviamo in una rappresentazione falsa per cui alcune categorie della vita sono sparite dalla scena del vero, ad esempio le persone deboli, quelle ammalate,  le persone anziane ma anche quelle che raggiungono quell’orizzonte della vita che è la mezza età.  Proprio oggiGaiaItalia.com  ha pubblicato una mail giunta alla sua redazione, scritta da un uomo di 52 anni che si definisce “morto”. Dopo un lungo soggiorno all’estero al rientro in Italia scopre che non c’è più spazio nella comunità per lui: “tenti di ricostruirti una rete di relazioni, ma giungi in Italia e scopri che sei vecchio”. Quasi esistesse  un età limite oltre la quale scompari dalla scena della vita reale: ‘Nei locali passi inosservato, nelle chat lines quando dici che hai 52 anni diventi invisibile, cosa che non succede se dici che il tuo sesso misura 20cm, il dialogo fluisce con poche persone, fino a quando non conoscono la tua età, i tuoi “non cerco sesso, cerco amicizie” non sono ben considerati, sono impauriti dal fatto che tu possa diventare un peso; molti altri nemmeno ti salutano’.
E’ l’indifferenza altrui l’origine del vortice di frustrazione, disillusione e paura che porta sul baratro e che spesso può portare al suicidio. Secondo dei recenti studi dell’ Institute of Medicine on the health and mental health of LGBT populations, il 15% dei tentativi di suicidio in America sono di individui omosessuali, bisessuali e transessuali con un età che varia dai 45 ai 59 anni.  Ma basta guardarsi intorno per capire che la società si è addentrata in questo luogo del non-senso da cui sono scomparse dalla scena le categorie come la mezz’età e la vecchiaia, esiste solo l’estetica dell’eterna giovinezza in cui conta solo il qui e ora, tutto il resto sono scarti da occultare. Viviamo in mondo dove l’imperativo categorico è questo: avere 35 anni percepiti, un rigore virile sempre pari al giorno ‘x’ e possibilmente indotto da varie ricrescite. Ci si ferma ad una stagione della vita per cui è un po’ una vergogna e una sconfitta se la vita prosegue. Negli omosessuali e nelle donne questo genere di rappresentazione è particolarmente feroce .
Tom Ford. per presentare la sua collezione sul l'ultimo numero di Vogue Francia , lo stilista e regista americano non ha scelto ventenni senza rughe e difetti ma una coppia di anziani signori in espliciti atteggiamenti erotici.
Tom Ford. per presentare la sua collezione sul l’ultimo numero di Vogue Francia , lo stilista e regista americano non ha scelto ventenni senza rughe e difetti ma una coppia di anziani signori in espliciti atteggiamenti erotici.
Una cultura che anche Tom Ford, noto stilista statunitense, qualche anno fa aveva denunciato: “Mi sono stancato del culto della giovinezza. Del rifiuto culturale della vecchiaia, della stigmatizzazione delle rughe, dei capelli grigi, del corpo solcato dagli anni. La società di oggi condanna la vecchiaia, io la celebro” aveva scritto su Vogue (Francia) presentando un servizio di gioielli con una coppia di “settantenni fedeli l’uno all’altra e incandescenti di desiderio. Vecchiaia, fedeltà, parole denigrate per decenni”.
Ritornare a parlare della realtà e della vita così com’è essendo la sua finitezza il senso della vita stessa, sarebbe davvero un’urgenza da recuperare nella scena del vero.  In una società dove l’età matura è un discriminante, essere ‘adulti gay’ è una condanna.




















Ci sono temi molto delicati e molto fragili che sono stati nel corso degli anni messi in una teca. Riservati in un angolo dove ogni tanto, quando bisogna ricordare sentimenti assopiti come l’umanità, il dolore, la civiltà, l’uguaglianza basta passarle davanti e gettarle uno sguardo. Senza mai aprire questa teca e neanche spolverarla. Con gli anni è diventato tutto sempre più opaco. Parlare di omogenitorialità, problematiche legate ai diritti delle persone trans,omofobia che spesso porta le vittime al suicidio (altro tema indicibile), sessualità è impensabile, siamo bloccati in un tempo di mezzo dove questi temi sono stati banditi dal pensare comune. Basta aprire un giornale per rendersene conto.  I giornali di oggi non hanno senso perché sono malati di una patologia che tende a raccontare esclusivamente il dietro le quinte della politica in una perdita totale di contatto con la realtà. I quotidiani di oggi raccontano esclusivamente i retroscena che oscurano la scena. Purtroppo l’idea che le cose della vita quotidiana siano rilevanti non ha più casa, albergo, spazio nella gerarchia delle cose importanti.  Il senso delle cose si è perso e l’Italia viene ormai propagandata come un continuo stereotipo che l’informazione dei media contribuisce a rappresentare ancora più enfaticamente perché serve darsi addosso reciprocamente, litigare, urlare, certificare la propria esistenza in vita dando senso alla polemica più inutile. Quando si parla di tematiche LGBT il linguaggio che viene usato è un fondamentale. L’informazione dovrebbe percorrere una strada che aiuti a portare i fruitori di essa verso il senso di quello che si dice. Le parole hanno un peso, hanno un senso e producono delle conseguenze. Proprio nell’uso comune bisogna ridare senso e dignità alle parole per una spinta che aiuti chi riceve l’informazione a comprenderla.  Siccome è impossibile far fare macchina indietro al tempo, sarebbe necessario ri-educare chi produce informazione e aiutarli a produrre messaggi che abbiano un senso per chi la riceve. Sotto i nostri occhi ci sono esempi molto semplici e banali che, alimentando quelle sacche di ignoranza e omofobia,estendono a macchia d’olio stereotipi e leggerezza su tematiche che hanno un profondità molto semplice e fondamentale per le nostre vite. Spesso i media confondono con leggerezza la parola “Coming Out” (dichiarare pubblicamente il proprio orientamento sessuale) con “Outing” (dichiarare pubblicamente l’orientamento di qualcuno che invece lo tace) . In televisione siamo spesso costretti ad ascoltare giornalisti che raccontando di persone trans, usando aggettivi, articoli e sostantivi che non si accordano al genere d’identità sentito, che sarebbe poi quello autentico. Basterebbe fare una piccola ricerca per sapere che l’identità è data dalla personalità, che parte dal pensiero di sé. Quindi in considerazione di questa logica e nel rispetto delle persone trans si dirà: una trans per le mtf, ossia chi transiziona da maschio a femmina, un trans per gli ftm, da femmina a maschio. Il sistema dell’informazione italiano si è imbarbarito, sembra davvero difficile trovare un senso alle cose che vengono scritte e dette perché rispetto alla professione c’è un deficit di responsabilità non irrilevante. Questa idea che investire in cultura, in sapere, in informazioni che producono conoscenza non sia più il modello di riferimento meriterebbe una riflessione. Viviamo in un paese dove il giornalismo vero si è sciupato, si è perso il senso della sobrietà che serve per le cose, il senso della verità. La responsabilità verso il lettore che compra il giornale o verso chi ascolta l’informazione è un bene molto residuale. D’altra parte, scriveva Primo Levi , “quante sono le menti umane capaci di resistere alla lenta, feroce, incessante, impercettibile forza di penetrazione dei luoghi comuni?”. Questa è una parte del discorso politico e culturale di questi anni. Ci sono temi come l’omogenitorialità, l’amore di due persone dello stesso sesso, il talento e la capacità di una persona a prescindere da suo orientamento sessuale o di genere che sono diventati ineffabili. Il danno che noi abbiamo avuto in questi ultimi vent’anni di ossessione folle è stato quello di dimenticarci delle nostre vite e delle vite degli altri. Abbiamo dimenticato di accendere la luce dentro noi stessi. Siamo stati anni dicendo che fuori c’era buio e aspettando qualcuno che accendesse l’interruttore, come sempre un altro uomo della provvidenza , ignorando una verità molto semplice: l’interruttore bisogna saperlo accendere dentro di se. Se tutti quanti accendiamo la nostra luce si farà chiaro, riprendiamo a raccontare le cose rinominando la vita così com’è  e tornerà la luce. Bisogna cercare di uscire dalla menzogna che ci ha voluti fissi in un presente plastificato, dove ogni giorno è costellato da una superficie stereotipata che ci ha impedito a nominare e comprendere le sofferenze e le vite degli altri.

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