mercoledì 20 marzo 2013

Intervista a Roberto Paterlini autore di "Cani Randagi"






1) "Cani randagi": perché questo titolo?
L’espressione “cani randagi,” nasce come un inciso. Lo usa Giacomo per riferirsi a quei ragazzi, giovani e incasinati che, come i cani randagi, sono pericolosi ma anche bisognosi d’aiuto. Poi, come cani randagi erano trattati gli omosessuali durante il fascismo e tutte le persone malate di AIDS negli anni ’80, per cui mi è parso che potesse racchiudere tutte le vicende del romanzo.



2) Se dovessi riassumere la storia che racconti nel tuo romanzo?
Le storie sono tre. La prima è ambientata negli anni ’30 in Sicilia: Luigi deve subire il confino di polizia perché arrusu, vale a dire omosessuale passivo. La seconda vicenda è ambientata negli anni ’80: Francesco si reca a Catania per intervistare Luigi sui fatti del confino mentre la sua vita è stata scossa dall’AIDS. Infine, ai giorni nostri, Giacomo trova il nastro dell’intervista, mentre la sua vita è al bivio tra un amore di pancia e un altro di testa...


3) Ora ti riporterò dei passi del tuo romanzo e vorrei che mi dicessi quello che ti viene in mente, il perché di quello specifico passo.
 "Sarà possibile che un uomo ami un altro uomo? Forse che questa attesa diversa, in realtà sia semplicemente l'amore? Certe volte non mi riesce di non pensare che siamo solo dei depravati, quando il desiderio che ho di lui è così forte che quasi mi fa mancare il respiro. Eppure non posso fare a meno di esserlo, se è ciò che sono."


"in realtà io mi sento maschio anche quando lo prendo. Neanche in quei precisi istanti riesco a pensare di essere una donna e che un uomo stia facendo i suoi comodi con me; e non desidero che il mio sesso sia quello di una donna, né il mio corpo, né il mio viso. Di più: non vorrei essere una donna per potere andare con gli uomini come fanno le donne. Mi piace esattamente così, andarci come ci va un altro uomo, come due uomini"


Rispondo a entrambi assieme perché sono passaggi collegati. Negli anni ’30, soprattutto in Italia, il concetto di omosessualità come esiste oggi non era contemplato. Nella visione machista e maschilista di allora era semplicemente avvilente che un uomo nell’atto sessuale assumesse un ruolo femminile, e da questo nascevano i suoi problemi... A differenza che in altri paesi, in Italia non esistevano leggi contro l’omosessualità perché era impensabile che un maschio italiano fosse omosessuale... E questa visione era comune anche tra gli omosessuali stessi, che si consideravano deviati, malati, e in un certo senso giustificavano i loro aguzzini... Luigi, mettendo in dubbio la visione di allora e permettendo alle sue sensazioni di trasformarsi in pensiero, è un rivoluzionario.

5) "Non ha mai in realtà nemmeno avuto una religione o creduto in Dio. Tuttavia, al contrario, è stato sempre istintivamente e intimamente certo che se anche un dio fosse esistito, non l'avrebbe mai criticato né mai avrebbe smesso di amarlo per la sua sessualità o per come aveva deciso di viverla"





Questo passaggio va a inserirsi nel concetto di colpa e di punizione che, negli anni ’80 – anche adesso? – certe fazioni associavano all’AIDS. Matteo, che è sieropositivo, sa che non è così, che non c’è colpa, eppure trovandosi sieropositivo non può fare a meno di chiedersi se la sua malattia non sia proprio una punizione, e dubitare che un dio effettivamente esista e che sia irragionevole e brutale...





6) "Non ti meriti il mio amore, non sei degno del mio amore, dicevano nei film o scrivevano sui libri, ma se era vero che l'amore non si sceglieva, allora non aveva nulla a che fare con la dignità e nemmeno con il merito, e nessuno sarebbe più stato accusabile né si sarebbe dovuto sentire ridicolo o idiota, perché amava un altro che aveva determinate caratteristiche e non altre, semplicemente perché non l'aveva scelto. Nessuno si sarebbe dovuto giustificare perché il suo amore era grasso o calvo o una testa di cazzo, o i suoi piedi avevano sei dita, puzzavano, o..."




Questo passaggio rappresenta un punto di svolta nella vicenda di Giacomo, che è sempre stato un razionale, per non dire un freddo, e ha sempre rifiutato più o meno consciamente i sentimenti. E per lui è un’epifania scoprire che i sentimenti seguono strade proprie, che non sempre sono quelle del cervello. Come tante altre persone, Giacomo ha sempre scelto con il cervello, anche in ambito amoroso, eppure si ritrova innamorato di una persona assolutamente non adatta, come il suo cervello non l’avrebbe mai scelta, e questo rappresenta per lui una caduta dei fondamenti e gli fa mettere in discussione tutto ciò in cui ha sempre creduto.




7) Come ti sei preparato per scrivere "Cani randagi"?

Mi sono preparato, per ciò che riguarda la prima parte, su dei saggi molto interessanti: La città e l’isola di Tommaso Giartosio e Gianfranco Goretti, Il nemico dell’uomo nuovo di Lorenzo Benadusi, e naturalmente il sito internet di Giovanni Dall’orto, un grande studioso di storia omosessuale. Per quanto riguarda le altre due vicende, sono nate dall’intreccio stesso, sono emerse dai personaggi, per cui non è stato necessario un particolare lavoro di ricerca...

8)



 Cosa ha significato per te vincere il premio La giara?




Non do e non ho mai dato importanza al riconoscimento in sé. Riesco a concepire le competizioni in ambito sportivo, ma in quello artistico è più difficile, per quanto debba ammettere che è divertente ed emozionante parteciparvi... Al di là del trofeo, il premio è stato importante perché offriva pubblicazione e promozione, che sono i due aspetti più difficili da trovare per uno scrittore emergente...

9) Cosa significa per te scrivere?
Eh, è una bella domanda a cui fatico a dare una risposta che non suoni, innanzitutto a me stesso, ridondante. La passione per la scrittura è una grande fortuna, credo, perché permette di esplorare se stessi come nella vita è difficile avere il tempo e la possibilità di fare... Banalmente, ti direi che scrivo perché scrivere è davvero entusiasmante. È entusiasmante creare, costruire, sviluppare.

10) 



Che progetti hai per il futuro?
Tra una cosa e l’altra ho iniziato a lavorare al mio prossimo romanzo. Ma al momento sono molto impegnato con la promozione di Cani randagi... 





Roberto Paterlini è nato e vive in provincia di Brescia. Laureato in lingue straniere, ha vinto ne 2006 il Sonar Script Festival con la sceneggiatura "23 anni" e nel 2007 ha pubblicato il suo primo romanzo, "Il ventiquattrenne più vecchio del mondo". Con "Cani randagi" ha vinto, nel 2012, il premio letterario La Giara.