In questi mesi di quarantena, paure e smarrimento ho avuto il piacere di confrontarmi con Dacia Maraini sul presente che stiamo vivendo, sulle prospettive future e sulla forza che i libri e le storie possono darci. E' stato un modo per tenerci compagnia anche se a distanza e per dare un significato a quello che è accaduto. Perché ciò che accade non sempre dipende da noi, ma da noi dipende certamente il modo nel quale decidiamo di reagire. Ecco la nostra chiacchierata.
Cara
Dacia, eccoci qui, di nuovo, a confrontarci sul presente che ci circonda,
presente nel quale siamo immersi completamente e che sta stravolgendo le nostre
vite. Chi l’avrebbe mai detto che da un giorno all’altro ogni certezza sarebbe
stata spazzata via in un battito di ciglia. Ti svegli una mattina e scopri che
il mondo è in pericolo, che la vita non è più la stessa e si palesa in tutta la
sua fragilità, quella fragilità che avevamo dimenticato o forse volutamente
ignorato per inseguire un senso di immortalità e onnipotenza. E invece basta un
virus a far saltare i collegamenti e le connessioni del nostro mondo, a
separarci gli uni dagli altri, a imporci di temere la vicinanza con l’altro e a
rinchiuderci dentro casa. Cosa pensi di quanto sta accadendo? Il genere umano è
davvero così fragile? Il nostro mondo è davvero così in bilico?
Il
genere umano, come dici, è fragilissimo. Ma siccome ha inventato l’elettricità
ed è andato sulla luna, ha pensato di essere onnipotente. Onnipotenza che non
va disgiunta però dall’amore per le guerre, tanto è vero che invece di
investire saggiamente e
intelligentemente sulla sanità, sulla scuola e sulla ricerca, ha investito sulle armi e sul consumo. Questo
piccolissimo virus a cui nessuno dava importanza, si é dimostrato di una
potenza insospettata. In poche settimane ha invaso il mondo, ha fatto malati e
morti, di una morte terribile oltre tutto: Uomini soffocati come pesci tirati fuori dall’acqua. A
questo punto possiamo dire che la natura
ci ha dato una importante lezione: non sono gli altri uomini che ci
distruggeranno, ma la natura offesa e straziata. Lo dimostra
un minuscolo microorganismo che fa più danni di una guerra..
In
questi giorni non si può fare a meno di riflettere sulla libertà come se solo
adesso che ne siamo stati privati per tutelarci a vicenda ed evitare il
propagarsi della pandemia, ne prendessimo atto e ci accorgessimo della sua
importanza. Noi scrittori siamo abituati alla solitudine della scrittura e
della lettura. Eppure si tratta di una solitudine che affrontiamo con gioia
perché sappiamo che subito dopo di essa si aprirà la fase della condivisione,
dell’incontro con i lettori, dei viaggi attraverso un mondo affamato di storie
e di parole. Quindi cosa è davvero la libertà? Qualcosa che sta fuori o dentro
di noi?
La
libertà è una parola di cui si abusa, ma non è facile da definire. Non esiste
una libertà fine a se stessa. Ogni libertà personale si deve confrontare con la
libertà altrui. Se in questo momento ci priviamo della libertà di incontrare
gli amici e di viaggiare, lo facciamo in
nome di una libertà collettiva, quella
dal contagio e dalla morte. Quindi la accettiamo volentieri. Non si tratta di
una libertà impedita da un dittatore che vuole comandare su tutto, ma di una
necessità che capiamo e possiamo condividere. Alla parola libertà si deve
abbinare la parola responsabilità. Le due parole non possono essere disgiunte.
In
un articolo sul Corriere della sera hai scritto: “Chi legge un libro, lo riscrive. E leggendo mette in moto
l’immaginazione, che è il motore più potente del nostro cervello. Solo
l’immaginazione ci può far capire la sofferenza altrui, solo l’immaginazione ci
permette di affrontare i pericoli di un futuro guerresco, solo l’immaginazione
ci può far sentire la bellezza del pensiero e dell’amore”. Le storie ci
salvano sempre e ci insegnano ad affrontare ostacoli insormontabili, a
evolverci e a divenire migliori. Credi che i libri possano esserci di conforto
in questa delicata fase sociale?
I
libri aiutano a potenziare e dare respiro al pensiero. Ripeto: quando uno legge
un libro, lo riscrive nella sua mente, con la sua immaginazione. E
l’immaginazione, come ho detto e ripeto, è la cosa piu preziosa che abbiamo.
L’immaginazione ci fa capire il dolore, il piacere, la Storia del mondo, la
memoria , la sofferenza degli altri. Per me l’immaginazione è alla base
dell’etica.
Quali
romanzi secondo te potrebbero aiutarci oggi a comprendere meglio l’epocale
fenomeno che stiamo affrontando? In quali letture trovare una speranza?
Non
credo che ci siano libri salvifici. La lettura dipende dai bisogni del lettore.
Il libro è un luogo di incontro. Non si leggono i libri per dovere , ma per
piacere. E l’incontro dipende dai bisogni di chi legge. Se uno ha bisogno di
sentire parlare di guerra, leggerà un grande classico sulla guerra. Se ha
bisogno di ragionare sull’amore, leggerà un libro che parla di amore, se ha
bisogno di ragionare sulla spiritualità, sul senso di paternità, sulla memoria
storica, sul razzismo, sugli ideali, ecc, cercherà il libro che lo aiuterà in
quel ragionamento. Perciò sono contraria alle classifiche. Si stilano continuamente cataloghi, panorami storici dando giudizi
sui libri più importanti.. Piuttosto bisogna aiutare i lettori a trovare i libri che fanno per
loro in quel momento.
In
questo momento il rispetto delle regole è fondamentale. Mai come oggi il genere
umano sta comprendendo quanto le leggi siano uno strumento che ci consente di
convivere e di sopravvivere, di proteggere i più deboli e di mantenere ordine
nel mondo. Non trovi che quello che stiamo vivendo ci dimostri che il rispetto
delle regole sia una forma di altruismo e di amore per il prossimo?
Sono d’accordo. I paesi più civili sono quelli
che hanno regole certe, democratiche, a cui la gente crede e si attiene. Le
regole aiutano i più deboli. Senza regole si casca sempre nelle mani del più forte sia dal punto di vista economico che di potere politico o militare o
burocratico.
Pochi giorni fa il Papa ha
pregato in una Piazza San Pietro deserta e bagnata dalla pioggia. Si è rivolto
a Cristo e ha detto che questo non è il tempo del suo giudizio su di noi ma del
nostro giudizio su noi stessi. Ho trovato davvero profonda e rivoluzionaria
questa affermazione del Papa, come a dire che quello che stiamo vivendo ci
impone di fare i conti sulla direzione che come genere umano abbiamo preso.
Cosa ne pensi?
Direi che hai interpretato bene l’importanza
del messaggio del Papa. L’immagine dell’uomo solo in una piazza vuota fa capire
quanto stia influenzando sulle nostre vite questo disastroso virus pandemico.
Sì, dovremmo riflettere con più responsabilità e più sincerità su quello che
stiamo facendo a noi stessi inseguendo una cultura del mercato e del consumo.
L’Italia sembra aver riscoperto
una grande solidarietà. Miglia di giovani ragazzi si offrono per operare negli
ospedali, tantissime persone rispondono alla chiamata del volontariato per portare
la spesa a casa delle persone più bisognose o anche solo per un conforto, per
scambiare una parola con un altro essere umano anche solo telefonicamente.
Questa solidarietà è forse un fiore in questo deserto che è diventata l’Italia?
Questa solidarietà, ma aggiungerei la serietà
e la responsabilità dei medici e delle infermiere che curano gli ammalati di virus rischiando la
vita, dimostrano che una Italia coraggiosa, leale e solidale esiste, anche se è
poco visibile. La televisione e la stampa secondo me hanno la colpa di mostrare
e mettere in rilievo soprattutto i conflitti fra le parti, le critiche
esasperate e personalistiche, piuttosto che la grande rete di solidarietà. Si
preferisce godere dello spettacolo dei virologi che si contraddicono e si insultano
piuttosto che fare conoscere il lavoro dei medici che senza mostrarsi ogni
cinque minuti sullo schermo (fra l’altro ci si chiede ma come fanno a lavorare
se stanno sempre in tv?) portano avanti il grande carico della epidemia nel
paese.
L’Italia non si è fermata. Questo
ci riempie di orgoglio. Gli insegnanti continuano le loro lezioni via skype, i
ragazzi si laureano in videoconferenza, molte persone lavorano tramite email.
Forse la tecnologia ci ha salvati in questo frangente catastrofico. Cosa ne
pensi? A volte rifletto sul fatto che se questo virus fosse venuto a devastare
l’Italia qualche decennio fa, in un mondo meno collegato e tecnologico i danni
sarebbero stati ben maggiori e la solitudine molto più accentuata. È forse
questo l’aspetto positivo della globalizzazione e del processo comunicativo e
tecnologico che spesso viene demonizzato?
Sì certamente le epidemie dei tempi passati,
anche quelli non lontani da noi, ci fanno capire quanto sia importante fare un
buon uso della tecnologia. IL problema è che il dominio della tecnologia spesso
si presta al feticismo tecnologico – ne fa la spia il linguaggio infarcito di termini
inglesi: siccome le macchine parlano inglese, noi ci sentiamo moderni e
tecnologizzati usando termini inglesi.. Le
macchine ci fanno sentire potenti, invincibili. Ma la natura ci dimostra che
non è così, che i nostri abusi e le nostre devastazioni (foreste bruciate, zone
desertificate, ghiacciai sciolti per la crescita della temperatura, allevamenti intensivi, uso aberrante e pericolosissimo
degli anticrittogamici,) ci stanno portando alla distruzione del pianeta.
Ogni mattina mi sveglio presto,
cercando di mantenere il mio solito ritmo di vita, faccio colazione e inizio a
studiare chiudendomi nei miei libri di diritto che sai quanto io ami. Poi
pranzo e torno allo studio fino a sera inoltrata quando mi concedo la lettura
di un romanzo e o di dedicarmi alla scrittura. Questa è la mia nuova routine,
forse non molto diversa dalla solita. Ho però scoperto di avere un tempo in più
per la scrittura che, per via degli studi, pensavo di non avere più almeno per
qualche tempo. Per te come è cambiata invece la vita? Hai trovato un nuovo
ritmo, un nuovo equilibrio? Una persona come te, estremamente attiva e
continuamente in viaggio per il mondo come affronta questo immobilismo forzato?
Infatti mi mancano i viaggi, gli incontri con
gli studenti delle scuole, coi miei lettori. Non è lo stare chiusa in casa che
mi spaventa, lo faccio sempre, per scrivere. Ma di solito alterno questa
clausura con i viaggi e gli incontri che ora sono bloccati. Mi manca perfino la
“tazzulilla è café “ come diceva Edoardo, che mi permettevo a metà ,mattina .
Quella tazzina di caffè è diventato un simbolo di libertà.
Tu da piccola sei stata rinchiusa in un campo
di concentramento in Giappone e hai sperimentato orrore, paura, e privazione
della libertà. Noti collegamenti con questa nuova clausura forzata? Non intendo
naturalmente dal punto di vista storico perché si tratta due situazioni
assolutamente diverse. Eppure percepisco che qualcosa in comune ci sia.
Qualcosa che ruota attorno al concetto di libertà e alla capacità di resilienza
degli esseri umani. In fondo sappiamo adattarci alle situazioni più
inimmaginabili e dure per istinto di sopravvivenza. Sono fuori strada?
Direi che non si possono paragonare i due
momenti. Durante la reclusione nel campo, oltre alla mancanza di libertà c’era la fame,
terribile, disumana, che ci faceva ammalare, perdere i capelli, i denti, ci
riempiva di cimici e pulci, e ci indeboliva i muscoli delle gambe a tal punto
da non potere più camminare. In
confronto questa piccola reclusione sembra un paradiso: mangiamo forse anche
troppo, se stiamo male andiamo in farmacia, possiamo leggere i libri che
vogliamo, possiamo dormire quando vogliamo e telefonare o comunicare via
internet quanto ci pare. E’ veramente diverso.
Nel tuo libro su Santa Chiara ci hai parlato
della vita della santa, della sua vita di clausura quale massima espressione
della libertà. Cosa possiamo imparare dalla vita di Chiara e Francesco per
leggere il nostro presente?
Possiamo imparare che la segregazione, se è
una scelta di ordine morale e sociale, va benissimo. Se invece ci viene imposta da un potere politico o poliziesco,
può diventare un incubo. Così come il
silenzio: Se è una scelta libera, è il massimo della espressione di
spiritualità. Se viene imposto dal potere, è un abuso.
Che ruolo gioca la paura in questo momento
secondo te?
La paura, che è un ottimo istinto di
autodifesa, può diventare un sentimento pericoloso. Scrive William Reich che
quando gli uomini sono presi da paura, tornano a uno stato di branco e il
branco esige il capo-branco. Questo capo, come dimostrano illustri personaggi
storici, può essere dispotico, immorale, cretino, pazzo, non importa, purché sappia
cogliere in sé le paure e le aspettative di un popolo impaurito e abbia un
minimo di carisma. IN questo momento di paure collettive e di crisi esistenziali
ed economiche, la paura rischia di
richiamare il famigerato bisogno del capo- branco. Spero proprio che prevalga
il buon senso degli italiani che credo esista e sia più profondo di quanto
pensiamo.
E l’incertezza per il nostro futuro? Si
prospetta, a crisi terminata, un Paese distrutto economicamente. Dove trovare
un po’ di speranza?
Spesso dalla distruzione viene fuori una nuova
vitalità. Pensa al dopoguerra che è
stato un momento di grandi cambiamenti, di grandi conquiste e grandi ripensamenti.
La Costituzione con la sua bellissima tensione etica, è nata nel dopoguerra.
Così come la realizzazione di nuove idee e nuove scuole. Ora bisogna
rimboccarsi le maniche e puntare sui lavori nuovi. Molti di quelli tradizionali
andranno persi, ma probabilmente sarebbe successo lo stesso, solo piu
lentamente. Il virus ci fa accelerare la ricostruzione. Il lavoro ci sarà
sempre, ma sarà diverso. Il vecchio ufficio con le scartoffie burocratiche
finirà. I lavori da remoto aumenteranno e ci vorranno migliaia di tecnici in
più, e questo non è lavoro? Del vecchio
impiegato con le mezze maniche - simboliche naturalmente- non rimarranno che macerie. Bisognerà imparare a usare la tecnologia nel senso di
una vita migliore, nel segno della parità di diritti e doveri.
Credo che siamo di fronte a un momento
decisivo per l’Unione europea. Adesso tutti i nodi verranno al pettine e per
nodi intendo l’egoismo e l’individualismo di alcuni Paesi più severi e
rigorosi, la costruzione dell’Unione su basi economiche e su interessi
prettamente finanziari più che culturali e umani. Io sono un grande sostenitore
dell’Unione Europea, lo sai bene, sia come persona che come studioso del
diritto, ma credo che questa vicenda mondiale sarà una prova decisiva. Adesso
vedremo se l’Unione europea è solo un’istituzione economico-giuridica o se
davvero è intrisa di solidarietà e di tutti quei valori che hanno spinto i
padri fondatori a darle vita. Cosa ne pensi?
L’Europa c’è e ci sarebbe anche
se ogni paese andasse per conto suo. E’ un paradosso, ma voglio dire che le
radici culturali sono comuni e ci uniscono anche se non lo vogliamo. Lo sbaglio
semmai è di puntare sulla economia anziché sulla cultura che è uno strumento di
unificazione molto più profondo e radicale. Benissimo la moneta comune ma non è
quello che ci unisce, . Sono invece le
radici linguistiche, religiose, mitologiche a unirci , nonché la straordinaria creatività che ha favorito
legami profondissimi fra i differenti paesi europei.
Credi che quello che stiamo vivendo ci aiuterà
in futuro a comprendere meglio e a essere più solidali con quei popoli
disperati che a lungo hanno cercato salvezza sulle nostre terre, popoli che noi
abbiamo trattato con disprezzo e disumanità? Ora che siamo noi ad avere bisogno
d’aiuto, a vedere i nostri diritti compressi e la nostra sopravvivenza messa in
discussione…
Naturalmente sul passato non serve piangere,
ma bisogna conoscerlo per capire il presente. E’ importante ricordare che i
paesi europei hanno sempre preso e portato via dall’Africa i suoi beni più preziosi: Diamanti, rame, petrolio, caffè, caucciù, ecc. Senza mai occuparsi
dello sviluppo di quei paesi e del bene
dei cittadini. Gli africani possedevano le materie prime ma non disponevano dei
mezzi per trasformarle in beni trasportabili e vendibili sul grande mercato
internazionale. Le potenze occidentali
li hanno depredati per secoli. Ora non si tratta di vendette, ma di
risultati storici che dobbiamo affrontare e chiarire a noi stessi.
In un’intervista sull’Huffpost hai detto che
hai riscoperto “le finestre”. Dal tuo bellissimo terrazzo romanzo hai forse una
visuale privilegiata di Roma e della brulicante vita delle persone. Cosa ti restituisce
oggi questa visuale?
Dalle finestre ho scoperto il sentimento di appartenenza.
Ho visto tante bandiere italiane e non mi è sembrato che fossero bandiere di
becero nazionalismo populista, ma di un rinnovato senso di appartenenza ad un
paese in difficoltà con cui ci si identifica per augurarsi il bene futuro. Ho sentito
dei ragazzi che cantavano sui balconi e altri che salutavano con un senso di
solidarietà che mi ha allargato il
cuore. E’ così che rinasce un paese ,non sulle risse e sulle critiche
esasperate.
Il mercato editoriale è tra i settori più
colpiti dalla crisi economica che si sta velocemente e prepotentemente gettando
sull’Italia e sul mondo. Credi che il mercato del libro potrà sopravvivere?
Non credo che il libro scomparirà. Bisognerà regolare con leggi più giuste la
questione delle vendite su rete. La rete non può fare concorrenza facile alle
librerie. Le librerie sono importanti per una città, non solo come centri di
vendita, ma come luoghi di incontro, di scambio di idee, di conoscenza, e
quindi vanno aiutate, magari diminuendo le tasse, favorendo gli orari e i posti
di lavoro. E’ chiaro che non si possono eliminare le vendite in rete, che vanno
benissimo ma non possiamo ridurle a una unica
fonte di acquisto dovuta alla riduzione dei
costi. Per esempio una iniziativa
che è nata con questa reclusione forzata e portata avanti dalle librerie più attente, è stata quella dell’invio a casa dei volumi richiesti. Un invio rapido
e poco costoso. Questa può essere una ottima maniera di affrontare il problema.
Andare in libreria per la presentazione di un libro che ci piace, va bene. Ma
se ho bisogno di un libro e se invece di prendere l’autobus o la macchina ingolfarmi
in un traffico mostruoso, non
sapendo poi dove posteggiare, e posso
farmelo venire a casa, scoraggerà dal comprare sulla rete e fra l’altra aiuterà
a pulire l’aria delle città.
Una cosa su cui sto riflettendo in questi
giorni è sul dramma che probabilmente si sta consumando a livello sociale e
familiare. Penso soprattutto alle tante donne vittime di violenza da parte dei
propri compagni che si ritrovano adesso a dover vivere ventiquattro ore al
giorno sotto lo stesso tetto, essendo così maggiormente esposte alla violenza.
Molti equilibri familiari, ci spiega la psicologia, si basavano sul fatto che i
coniugi trascorrano parte della giornata nel mondo del lavoro, fuori di casa e
distanti l’uno dall’altro. Adesso che si deve stare tutti sotto lo stesso
tetto, è l’allarme lanciato dagli psicologi, si rischia un acuirsi delle
tensioni e violenze, in un momento per di più nel quale è difficile per una
donna chiedere aiuto ed evadere dalla violenza. C’è quindi questo altro dramma,
non trovi?
Non è solo la distanza che tiene legati due coniugi.
Assistiamo in effetti a un aumento mostruoso della violenza in famiglia. Parlo
del femminicidio. Ci sono uomini che identificano la propria identità virile
col possesso della donna che dicono di amare. Più che amore si tratta di un privilegio
da padrone: pensano che la donna che hanno sposato o con cui si sono congiunti sia
per diritto naturale una proprietà intoccabile. Nel momento in cui la “loro “ donna decide di andarsene per conto
proprio, rivelando una indipendenza di volontà, questi uomini fragili e impauriti
entrano in una tale crisi devastante che possono trasformarsi in assassini.
In un’intervista tv su La 7 hai raccontato che
guardandoti allo specchio, in questi giorni, a volte ti viene voglia di parlare
con te stessa pur di sottrarti alla solitudine. Non trovi che sia una metafora
perfetta di ciò che stiamo vivendo? La filosofia ci spiega che noi esseri umani
siamo animali sociali, che abbiamo bisogno degli altri per essere davvero noi
stessi. Questa solitudine forzata rischia di cambiarci?
Infatti. Quella di parlare con se stessi è un
segno di sofferenza per questa forzata solitudine.
Come dici giustamente, l’essere umano è un animale sociale e ha bisogno di un
rapporto con gli altri. Infatti quello che mi manca in questo giorni è proprio
la vicinanza degli amici: una cena in comune, un teatro insieme, una camminata
per le strade di Roma.
Un’ultima domanda: credi che da
questa situazione usciremo migliori, peggiori o uguali a prima?